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Space Invaders: l’indimenticabile emblema del videogioco stesso

Se si pensa a un gioco rivoluzionario, a un titolo che ha stravolto l’andamento della game industry, il primo nome a venire in mente dovrebbe essere Space Invaders. È il capostipite di una lunga serie di miracoli innovatori. Dalla sua entrata in scena nei bar e nelle sale da gioco nel 1978, i videogiochi hanno cambiato volto.

 

La geniale mente dietro la creazione del videogioco cult della cultura pop

“Il brillante game designer di Taito, Tomohiro Nishikado, è alle prese con un nuovo progetto. Realizzare un titolo capace di aprire le porte del mercato statunitense…”. Così inizia la leggenda del sogno, confermata dall’autore di Space Invaders. Stando a quanto riferito, dovrebbe aver visto nel sonno alcuni bambini scontrarsi contro invasori extraterrestri. E che sia vero o meno, è affascinante pensare che sia stato proprio questo sogno ad ispirare il nuovo videogioco.

A decretarne il successo sul suolo americano sono i figli dell’età dell’oro della fantascienza. Due generazioni di americani, rispettivamente, hanno visto i film War of  the Worlds (1953) e il capolavoro di George Lucas, Star Wars (1977). Sommati al timore di una escalation nucleare sovietica e alle sempre più presenti teorie complottiste sugli UFO, era inevitabile il respiro possente dell’epopea spaziale nell’immaginario collettivo. Tomohiro Nishikado non poteva creare videogioco più azzeccato, realizzando così l’obiettivo di Taito. Anzi, superò largamente le aspettative.

Gli intenditori riterranno ridondante ricordare i numeri fenomenali di Space Invaders e del suo merchandise. Ma come si potrebbero tralasciare i 600 milioni fruttati il primo anno solo dal Giappone? Ricordiamo inoltre che, dalla sua uscita negli Usa nel 1980 arriva a incassare 2 miliardi di dollari, perfino più dell’irresistibile primo film della saga Star Wars.

 

Con Space Invaders il Giappone entra nell’Olimpo dei videogiochi

Se è vero che il Giappone conosce il mercato dei videogiochi arcade grazie ai prodotti di Nolan Bushnell, non c’è alcun dubbio del suo predominio dagli anni ’80 in poi. Nel giro di quattro anni escono una serie di titoli indimenticabili:

 

  • Space Invaders, 1978 (Taito)
  • Pac-Man, 1980 (Namco)
  • Donkey Kong, 1981 (Nintendo)

Tutti e tre sono stati pensati per il mercato occidentale. Non è un caso se i loro personaggi appartengono più alla cultura americana piuttosto che a quella nipponica.

Dopo il successo di Atari, molte aziende giapponesi hanno iniziato a interessarsi alla costruzione di coin-op (letteralmente “macchina a gettoni”, termine spesso usato per indicare i videogiochi arcade) e allo sviluppo di videogiochi. Gli introiti si sono subito dimostrati importanti, e tutte volevano cavalcare l’onda. Era però necessario conquistare gli USA e i suoi abitanti.

 

Per un’infarinatura generale sulla storia dei videogiochi consigliamo di leggere il nostro articolo a riguardo.

 

space invaders gameplay
Una schermata acquisita durante il gameplay di Space Invaders

 

Il gameplay rivoluzionario di Space Invaders

Tomohiro Nishikado per lo sviluppo del celebre videogioco riprende le meccaniche di gioco di Breakout. Un videogioco arcade di Atari uscito nel 1976, basato sul controllo orizzontale di una racchetta per far rimbalzare la pallina, e con essa distruggere la barriera di mattoni.

Inizialmente il game designer aveva sostituito i mattoni con dei carri armati, aerei e navi da guerra. Ma l’hardware del tempo non permetteva un’animazione fluida. Così, in cerca di alternative, decise di piazzare sullo schermo una schiera di alieni minacciosi pronti a conquistare la Terra. A prendere il posto della racchetta in basso alla schermata è un cannone mobile capace di sparare un colpo alla volta. Aggiunse anche dei bunker per ripararsi dai proiettili nemici. Inoltre, una novità incredibile per l’epoca è la risposta al fuoco degli alieni invasori, permettendo per la prima volta ai giocatori di scontrarsi contro un avversario alla pari.

La partita finiva inesorabilmente nella sconfitta. Ogni ondata di alieni annientata significava il sopraggiungere di una successiva ancora più spietata che, prima o poi, avrebbe neutralizzato i tre cannoni a disposizione e invaso la Terra. L’obiettivo, quindi, era resistere il più a lungo possibile per diventare il detentore del record. Tutto insieme permetteva una profondità strategica fino ad allora mai vista. E ai giovani piaceva molto…

 

…ma piaceva ancora di più l’effetto psichedelico del gioco

Ci si poteva immergere in uno scontro all’ultimo sangue contro questi invasori dalle sembianze divertenti, armati del proprio cannone. Per salvare la terra bisognava fare fuori una muraglia di polpi, granchi e calamari.

Determinante per il successo, però, è stato quello che a primo impatto era sembrato uno scherzo del destino. Per dei limiti dell’hardware man mano che si eliminavano i mostriciattoli, questi diventavano più veloci. Tomohiro Nishikado decise di non correggere l’errore. Anche perché, destinato ad aumentare di velocità nelle fasi finali, era l’effetto audio che simulava il battito cardiaco. Per la prima volta il sound design è sottofondo integrante del gameplay, e non più solo della schermata iniziale.

Direi che all’epoca sarebbe stato difficile non lasciarsi sedurre da Space Invaders.

 

Space Invaders diventa un fenomeno mondiale

Le sale gioco e i bar erano “invasi” dalla nuova coin-op di Taito e da centinaia di ragazzi pronti a sfidare i propri amici. Tutti volevano distruggere gli alieni di Space Invaders. Creature che sarebbero presto diventate le prime icone dei videogiochi. Questi insoliti personaggi poco dopo verranno riprodotti su souvenir e capi di abbigliamento. Compariranno presto su riviste e giornali diventando in poco tempo un fenomeno di massa. Grazie a loro ci fu una prima forma di merchandise attorno a un videogioco.

L’opera di Taito segna un punto di svolta nella game industry, dando il via a quella che viene considerata l’epoca d’oro dei videogiochi arcade e sancendo definitivamente l’ingresso del Giappone nel mercato. Questo semplice sparatutto a schermata fissa è il videogioco più influente di tutti i tempi.

Al videogioco arcade per eccellenza si deve pure il concetto di killer application, ovvero quel titolo che da solo è in grado aumentare le vendite di una determinata macchina. Atari, dopo aver comprato i diritti a Taito, grazie a una conversione del videogioco sulla propria console, riesce a vendere più di due milioni di unità dell’Atari 2600. Un altro esempio è Midway Games, in soli due anni vende sul suolo statunitense oltre 300.000 unità coin-op di Space Invaders.

L’invasione aliena aveva raggiunto il punto di non ritorno…

 

La straordinaria eredità culturale di Space Invaders

Cinematografia, musica, tv e articoli di giornale citano continuamente gli alieni più famosi della storia dei videogiochi. In Ready Player One, film di Steven Spielberg del 2018, il creatore del mondo virtuale OASIS, James Halliday, in una scena veste una t-shirt di Space Invaders. Non mancano la sfilza di libri che ne parlano. Martin Idem gli dedica un saggio nel 1982 in un’attenta analisi storica e sociologica, parlando della dipendenza dal videogioco arcade. Salmo, il rapper sardo, intitola una sua fortunata canzone con lo stesso nome del videogioco, uscita nel suo album del 2013 è piena zeppa di riferimenti fantascientifici.

Tra l’altro, oggi si può provare il gioco e le versioni successive su qualsiasi piattaforma. Se non lo hai mai fatto prima, ti consigliamo di rivivere il gameplay più coinvolgente di quegli anni.

 

invader street artist
Uno dei piccoli alieni nascosti sul nostro pianeta e pronti all’invasione, mosaico creato dall’artista di strada francese Invader

 

Invader si schiera dalla parte dei “cattivi” e li aiuta a conquistare la Terra

C’è un’artista ignoto che da qualche anno ha lanciato un’applicazione molto interessante. In pratica, dalle foto condivise dai suoi utenti riesce a rilevare l’autenticità di opere della street art. L’app si chiama Flash Invaders, e gli invasori alieni sono l’opera d’arte in questione. Se viene riconosciuta l’originalità dell’opera, il giocatore ottiene dei punti. Ad oggi, Jules Martin è sul gradino più alto del podio con 3280 alieni “incriminati” per un totale di 96070 punti sul tabellone. Gli utenti che hanno scaricato l’app sono quasi 300 mila, e il numero delle foto scattate ha superato i 17 milioni. 

Invader, questo lo pseudonimo dell’artista, raffigura nei suoi mosaici gli alieni di Space Invaders e non solo. Gira per il mondo, e dove lo ritiene necessario lascia la sua impronta. Solo la sua cerchia più stretta lo ha visto in viso, perché ogni volta che piazza i suoi mosaici nelle città di tutto il globo opera mascherato. Non gli importa assolutamente nulla della notorietà. Lavora nella penombra e percepisce comunque il riconoscimento del suo più grande progetto. Lo so tutto questo è entusiasmante, infatti non ci sorprenderemmo nel vedere un fumetto americano ispirato a lui.

 

Anche l’Italia soccombe alla superiorità extraterrestre

In Italia si può ammirare la sua street art nelle città di Roma e Ravenna. La prima in particolare vanta il passaggio di Invader in 3 ondate differenti, raggiungendo la cifra di ben 75 mosaici. La storica Ravenna dal canto suo si ferma a due ondate per un totale di 40 invasori. E dopo aver letto questo articolo, se doveste intraprendere un viaggio verso una delle città “invase”, noi di Sweech vi incitiamo a farlo con questo obiettivo: diventare anche voi cacciatori del tesoro, scovando quanti più alieni possibile!

 

L’anno di debutto è il 1998 in Francia, suo paese natale. E fino ad oggi non ha ancora smesso di andare di città in città e di paese in paese. Sono più di 4 mila i mosaici sparsi per il mondo, precisamente in 82 località diverse. Il più distante dal livello del mare è il mosaico presente nella Stazione spaziale internazionale, difficile scattare una foto all’unico invasore nello spazio per ottenere i 10 mila punti bonus dall’applicazione. Più raggiungibili ,invece, sono i due mosaici sotto il livello del mare a Cancun, in Messico. Ma non illudetevi. Sul suo sito ufficiale dice che è necessario essere degli esperti sub, vista la profondità.

 

Alla fine, così come nel gioco, l’umanità non è riuscita a proteggere la terra. E non accontentandosi del nostro pianeta, gli alieni hanno sequestrato anche l’equipe di astronauti dentro la nostra più importante nave spaziale. Fino dove vorranno spingersi?

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